Riflessioni estive 2024/6

Proponiamo una serie di riflessioni per l’estate tratte dalle Lettere dalla Turchia di Don Andrea:

[27.] Trabzon, 15 settembre 2004

Carissimi,

oggi è 15 settembre festa della Beata Vergine Maria Addolorata. Vorrei cominciare questa lettera con le parole rivolte a Maria da Simeone nel vangelo di oggi: «Anche a te una spada trafiggerà l’anima». Penso che c’è una trafittura che non possiamo evitare, perché è conseguenza naturale del nostro essere con Cristo. Infatti Simeone dice “anche” a te. Poco prima infatti ha preannunciato la trafittura di Cristo dicendo: «Questo bambino è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Luca 2,33-35). Se Cristo è segno di contraddizione lo saranno anche quelli che sono di Cristo. «Il mio regno non è di questo mondo», aveva detto Gesù. Se siamo “come” il mondo perciò, è segno che il vangelo si è annacquato, il sale ha perso il suo sapore, la luce si è spenta. Anche Maria, se avesse fatto così, avrebbe fatto una vita tranquilla, non sarebbe arrivata sotto la croce, sarebbe stata una delle “brave ragazze” di Nazareth, non avrebbe dato pensieri ai suoi genitori. Se avesse seguito uno spirito “proprio” non avrebbe dovuto fare i conti con lo Spirito “santo”. Diceva S. Paolo ai suoi cristiani di Corinto (una città dove ferveva la cultura, il commercio, l’eleganza): «Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato…L’uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito» (1 Cor 2,12-14). Ma quale è la trafittura della fede? È la trafittura della lotta contro noi stessi, la trafittura di essere ritenuti strani e fuori del mondo se vogliamo rimanere fedeli al vangelo. Ci sono poi le trafitture della malattia, del trascorrere degli anni, delle mille prove della vita. Sono le trafitture che Gesù chiamava “croce” e che diceva di prendere su di sé, perché attraverso esse ci viene una sapienza, una luce, una vita e una purificazione che non ha l’eguale. S. Pietro scrivendo ai cristiani del Mar Nero diceva: «Siate ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove…Esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede…». «Beati voi», proseguiva, «se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo spirito della gloria e lo spirito di Dio riposa su di voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano non ne arrossisca, glorifichi anzi Dio per questo nome» (1Pietro 4,12-16). Aggiungeva: «Gettate in Lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi…resistete saldi nella fede sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi» (1Pietro 5,7.9). Le nostre trafitture le porta il Signore con noi e la nostra vittoria è la sua resurrezione. C’è anche una trafittura maligna che viene dal peccato: essa ci svuota l’anima, ci mette gli uni contro gli altri, cancella ogni traccia di Dio, lascia come segno la tristezza, l’aridità, l’insoddisfazione, si manifesta con l’indifferenza o un’agitazione continua.

Foto-diapositiva scattata da Don Andrea

Perché tutto questo preambolo mentre vi scrivo da un angolo remoto della Turchia?
Perché volevo confessarvi che, accanto alla gioia con cui mi sveglio ogni mattina pensandomi amato dal Signore e nel luogo dove Lui mi vuole, faccio anch’io i conti con le trafitture quotidiane, quelle che mi vengono da fuori e quelle che mi vengono da dentro. La battaglia per rimanere fedele alla preghiera, alla castità, alla povertà, la battaglia per amare anche quando la mancanza di rispetto o il disprezzo ti offende, la battaglia di credere all’unità e alla comunione anche quando ti sembra di essere dimenticato o insorgono contrasti. L’impegno a rimanere “finestra” aperta anche quando ti sembra di incontrare muri o porte sbarrate. Ma tutto questo che lì per lì mi fa male, mi riempie di gioia e di pace. Mi mette in cuore di voler continuare, mi fa sembrare utile questa presenza proprio perché accompagnata dalla croce di Gesù e dal desiderio di un amore ad oltranza. Non diceva Lui: «Da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni verso gli altri»? Non pregava dicendo: «Padre che siano perfetti nell’unità perché il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me»? Non diceva: «Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia io ho vinto il mondo»? E parlando della propria sofferenza imminente non diceva: «Voi mi lascerete solo, ma io non sono solo perché il Padre è con me»?

In questo angolo di Medio Oriente c’è bisogno di chi voglia essere semplicemente cristiano in mezzo alla gente, conducendo una vita per metà “semicontemplativa”, per l’altra metà “sulla porta”, accogliendo cioè chi viene e andando incontro a chi non viene.
Tre cose servono: l’amore per Cristo, l’amore fraterno, l’amore per gli altri prestando se stesso a Cristo perché Lui possa essere in mezzo a loro. Un altro desiderio occorre: quello di fare da “finestra” tra mondi lontani: medio oriente ed occidente, islam, ebraismo e chiese cristiane. Essere “finestra” cioè luogo di comunicazione e di incontro. “Finestra”, cioè passaggio di luce per comunicare ciò che abbiamo di più prezioso e accogliere ciò che gli altri hanno di più prezioso.
Ed ora, prima di lasciarvi, alcune notizie sparse. Sono giunte due suore italiane (insieme fanno 160 anni!) che resteranno per un mese. Il loro amore per questa terra è commovente. Sono addette una alla cucina l’altra a fare marmellate, accudire la cappella, riordinare dove il disordine è maggiore. Ma soprattutto sono addette a riempire di preghiera la chiesa quando entrano i visitatori e a seminare Spirito Santo ad ogni momento e in ogni angolo. In agosto sono venuti due gruppi di amici. Uno di 4 persone accompagnate dal loro parroco, l’altro di 9 persone (due coppie di sposi, tre adulti, due giovani e una bambina) cui si sono aggiunti tre giovani cristiani turchi di Istanbul. Entrambe le permanenze sono state una benedizione: per chi è venuto, per chi, come me, vive stabilmente nel monastero, per la gente di qui. Con il secondo gruppo abbiamo fatto visita al sindaco della città, abbiamo invitato l’imam della moschea della piazza centrale a parlarci. Col primo gruppo abbiamo celebrato una messa super in una barca al largo sul mar Nero. Con entrambi i gruppi siamo andati alla scoperta di vecchie chiese abbandonate, abbiamo cercato di essere noi una chiesa vivente, spargendoci in preghiera e col cuore aperto in mezzo nella città, abbiamo condiviso la parola di Dio, le domande che salivano dal contatto con questa realtà ed altre che salgono dal cuore quando gli si concede un po’ di riposo e un po’ di silenzio. Dio parla: è l’ascolto che permette di sentirlo. Certo mette un po’ in subbuglio ma poi la pace dilaga e lo spirito riprende vita.
Per due mesi è stata tra noi una ragazza di Tragliata (Roma): ne ha guadagnato la casa che si è risentita rimessa a nuovo e la nostra tavola che si è fatta più ricca. La nuova venuta del nostro amico fabbro ha permesso di risistemare molte cose in ferro o in legno, nonostante un’infezione lo abbia tenuto a letto per quasi una settimana.
A maggio sono passati 6 giovani fratelli della “Comunità di Giovanni apostolo”. Venivano da una visita ecumenica in Georgia e rientravano nel loro monastero in Romania. Il nostro intento, dicevano, è di essere l’apostolo Giovanni nel mondo. A luglio sono passati un gesuita austriaco e 11 suoi giovani collaboratori. Lavorano tra i bambini di strada in Romania. Ce ne sono una quantità enorme, dicevano. Il gesuita ha approfittato della sosta per farsi barba e capelli a poco prezzo. Abbiamo avuto a pranzo e poi a messa tre giovani della repubblica Ceca. Ci ha colpito il loro contegno in cappella: tutti e tre in ginocchio in gran silenzio. Poi ha bussato alla porta una giovane coppia francese in attesa di bambino. Domenica c’è la messa? Hanno chiesto. Sono tornati il giorno dopo per la messa e poi a pranzo con il gruppo misto degli italiani e dei turchi. Che bello! Hanno detto. Noi, da parte nostra abbiamo ammirato la loro fede. «C’eravamo già lette le letture della messa per conto nostro» ci hanno detto.
Sul fronte “interno” si registra una crescita di unità e di entusiasmo. Sheyr tutto preso dalla scoperta di Gesù e della Sacra Scrittura si chiede: «ma quand’è che potrò “ottenere” lo Spirito Santo? Forse Lui si è abituato a me ma io non mi sono ancora abituato a Lui. Ne ho proprio bisogno!». Fakir riesce a mettere insieme con giovialità e decisione il taglio del thè, la pesca in mare, lo studio dell’inglese, l’iscrizione al liceo e le lezioni di catechismo. Farat si addentra nella scoperta del vangelo di Giovanni con domande minuziose e penetranti. Emin prosegue il suo cammino di serenità a contatto con “Rab Isa” (il “Signore Gesù”), come ama dire, nonostante la precarietà del lavoro e l’anonimato che è costretto a mantenere all’interno della famiglia e del villaggio. In chiesa proseguono le visite e i brevi dialoghi che ne nascono. Uno mi domanda: Gesù tornerà? Certo, gli rispondo. Ma quando? Questo non lo so, lo sa solo Dio… Un altro mi chiede: parli greco? No, ma c’è qui suor Maria che lo parla bene. E così si parlano, ma solo per rendersi conto che il greco del Mar Nero è molto diverso dal greco della Grecia. Comunque si capiscono e così viene fuori che nel suo villaggio di 6.000 abitanti tutti parlano greco, che i suoi antenati erano cristiani, che di cristiani turchi di lingua greca ce n’erano molti fino a 80 anni fa, poi la guerra, le uccisioni, le fughe… Di questo, mi dico, c’è bisogno in Turchia: di una ripresa di convivenza serena e libera tra turchi musulmani, turchi cristiani, turchi di diverse etnie e lingue. Ma questo ancora di più in altri paesi musulmani, dove spesso essere cristiano è penalizzato a livello di legge, di mentalità comune, di diritti lavorativi o famigliari. Un adulto mi chiede: c’è da voi una preghiera obbligatoria come da noi quella del venerdì? No, gli rispondo, perché la preghiera nasce dall’amore non dall’obbligo e Dio gradisce il cuore non l’osservanza esteriore. Giusto, mi risponde. Poi fa: da voi l’adulterio è peccato? Perché ho sentito dire che in Europa tutto è libero… Lo porto davanti a una bacheca dove sono riportati i 10 comandamenti e gli leggo: onora il padre e la madre, non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire bugie… Che bello! mi dice. Viene un nonno col nipotino di 6 anni: lo può benedire? Cos’hai? chiedo al bambino. Ho paura del buio, vedo qualcuno che mi viene contro e mi vuole fare del male. Ma lo sai che Dio ti sta sempre vicino e vive nella tua casa? Lui dorme accanto a te. Lo sai che Gesù amava i bambini e prendeva le loro difese? Poi gli impongo le mani e gli stringo forte il capo. Il nonno mi ringrazia. Uno mi chiede: in Europa ci sono moschee? Certo, gli dico. È qui che spesso non ci sono chiese. Per esempio gli ortodossi a Trabzon vorrebbero una chiesa ma per ora non se ne parla. Comunque, mi fa un suo amico, anche per i musulmani non c’è piena libertà, per esempio non possono avere delle scuole del Corano. E della Turchia e l’Unione Europea che pensi? riprende l’altro. Io non mi occupo di politica, gli dico, però a Dio piace sempre l’unità, la concordia, la collaborazione, il rispetto. Ieri le nostre due giovani amiche musulmane, sempre sorridenti e cordiali, vengono a salutarci. Una va a fare la maestra di scuola materna in un paese vicino, l’altra è in attesa di destinazione… si è lasciata con il ragazzo ma già guardava con simpatia un bel ragazzo che aveva visto in chiesa. Lascia stare, le diceva l’altra…! Alcuni giovani hanno riso e infastidito per tutto il tempo che sono stati in chiesa. In moschea lo fate? No, rispondono. La chiesa è un luogo santo come la moschea, gli diciamo. Il suo amico chiede scusa. Questa mattina (siamo al 17 settembre) vado dal falegname a vedere a che punto sono i lavori per le porte. Lo trovo tutto intento al lavoro ma un po’ assonnato. Hai sonno? gli chiedo. Si, mi risponde, mi sono alzato a mezzanotte a pregare. La preghiera della notte, continua, è la più efficace quando ci sono dei problemi. Lascio a voi il commento. Anche oggi in chiesa abbiamo visto un giovane che da circa due mesi ci fa compagnia con la sua preghiera silenziosa. Viene ogni giorno, si siede in un banco e legge la Bibbia. Prega con noi alle 16 e va via senza dire una parola.
Informazioni sui lavori di restauro: è quasi terminato il 2^ piano del monastero, nel 1^ piano resta solo il corridoio, è ancora da cominciare il piano terra. Dovremo mettere il riscaldamento nella casetta piccola attigua restaurata. Poi la chiesa e il muro di cinta esterno… “yavasch yavasch” come dicono qui, “piano piano!”.

Sono contento. Mi nutro di preghiera, di Parola di Dio, di Eucaristia e della semplice vita in comune che conduciamo tra noi. Cerco di voler bene e di farmi voler bene. Cerco di essere la presenza, per quanto povera e inadeguata, di Gesù. Cerco di essere, insieme a quei pochi che si riconoscono in Gesù, un piccolo virgulto di chiesa. Cerco di essere una piccola finestra di luce. Attendo chi il Signore vuol mandare e i segnali della sua volontà. Il resto lo farà Lui… È Lui che conta, i nostri piani valgono ben poco. Anche i nostri peccati non lo turbano se glieli consegniamo con umiltà e pentimento, insieme alle sofferenze quotidiane e alle fragilità di ogni tipo.
Il Signore vi illumini e vi conforti, vi dia sapienza e carità, vi accresca il desiderio di servirlo e di essere suoi strumenti, vi dia santità e salute, la pace del cuore e la quiete della mente. Vi faccia sentire il suo amore e accresca il vostro amore verso lui e verso tutti.
Con affetto e vicinanza di cuore,

don Andrea

[SANTORO Andrea, Lettere dalla Turchia, Città Nuova, Roma 2006, 173]