Riflessioni estive 2024/4
Proponiamo una serie di riflessioni per l’estate tratte dalle Lettere dalla Turchia di Don Andrea:
[17.] Urfa-Harran, 9 ottobre 2002
Carissimi,
vi scrivo da Urfa-Harran (la città da dove Abramo partì dopo la chiamata di Dio), il 9 ottobre, giorno della festa di S. Abramo. È una festa da noi sconosciuta, ma celebrata dai cristiani latini di Gerusalemme e di tutta la Palestina. L’abbiamo celebrata anche noi, con solennità umile e gioiosa. Ecco come. Ieri abbiamo celebrata una messa raccolta e commovente in un piccolo tugurio di Harran, il minuscolo e povero villaggio di Abramo. Avevamo portato tutto tranne, per dimenticanza, le ostie e una candela. Il nostro amico Taha ci ha portato una candela da casa sua e del pane azzimo fatto da sua madre. Così nella messa c’eravamo noi come cristiani, come musulmani c’erano il pane e la candela di Taha, come ebrei c’era l’orizzonte verso la Siria (ad appena 5 chilometri) in direzione di Gerusalemme, dove Abramo arrivò dopo aver percorso circa 600 chilometri. Abbiamo così messo nell’Eucarestia l’intenzione che ci accompagna ogni giorno: la riconciliazione, il dialogo e l’incontro tra tutti i “figli” di Abramo (ebrei cristiani e musulmani), la piena luce (per i musulmani e gli ebrei) sul volto di Gesù Figlio di Dio, messia crocifisso e risorto, l’unità tra le chiese cristiane nate in Medio Oriente, il germoglio di una chiesa viva, il dono di vocazioni idonee a una presenza cristiana in Medio oriente. Oggi lodi e messa solenne, pranzo con gelato e dolce (croccante di pistacchio fatto in casa), adorazione accompagnata da musiche e canti.
Carissimi, qui finisce il racconto. Qui comincia la nostra riflessione. Qui, sulla scia di Abramo, inizia il nostro cammino.
….Ci sono ore tremende, in cui ti sembra di perdere tutto, in cui Dio stesso ti toglie tutto. Che fare? Ricordiamoci del nostro padre Abramo. Ricordiamoci della sua “ora”. Ricordiamoci dell’“ora” in cui Gesù, Agnello di Dio, salì sulla croce per essere sgozzato, vittima innocente per noi peccatori. Ricordiamoci dell’“ora” in cui Maria, come Abramo, era lì a offrire suo figlio (il suo unico figlio, il figlio Santo e Amato), per gli altri suoi figli, altrettanto amati, ma dispersi e peccatori. La fede dei santi nell’ora della prova, la fede di Abramo e di Maria nell’ora del buio, la nostra fede nell’ora della potatura e del dolore più cocente, può salvare il mondo e far risalire gli uomini dal buio degli inferi alla luce della Vita. Il segreto di Abramo fu il dolore offerto per amore e la prova vissuta con fiducia, obbedienza e abbandono totale. Il segreto di Abramo fu il distacco totale per non fare neanche di suo figlio un idolo e per confessare che solo DIO È L’UNICO. Forse c’è una lezione per i nostri fratelli ebrei, per i musulmani, per noi cristiani. Non è forse l’attaccamento alle cose, alla terra, ai nostri idoli, a noi stessi, ai nostri amori e interessi, la fonte di ogni guerra, odio e divisione? Non è forse il perdere tutto che ci fa guadagnare tutto e non è forse la volontà ostinata di possedere tutto che ci fa perdere tutto e ci porta alla distruzione?
Auguro a me e a voi, oggi, festa del nostro padre Abramo, di confessare con la vita che amare Dio vale più di ogni cosa. E che amare il prossimo è possibile solo facendo di Dio il nostro tesoro e rigettando qualunque altro tesoro, fosse anche un figlio “adorato” come un idolo. Quando il cuore è puro da ogni attaccamento allora l’amore sgorga puro da esso. Quando avremo “rinnegato” noi stessi allora potremo vedere gli altri e amarli come noi stessi. Quando avremo lasciato tutto per amore suo, diceva Gesù, allora avremo il centuplo quaggiù, la vita eterna nell’al di là, insieme a prove e persecuzioni. È la promessa di Gesù a Pietro che gli diceva: noi che abbiamo lasciato tutto che avremo? È la nostra stessa domanda, perché ci preme giustamente la felicità, la vita, il possesso della gioia, l’abbondanza piena di ogni bene e di ogni ricchezza. Ma la via quale è? Abramo ci indica la direzione.
Con affettodon Andrea
[SANTORO Andrea, Lettere dalla Turchia, Città Nuova, Roma 2006, 94]