Riflessioni estive 2024/7
Proponiamo una serie di riflessioni per l’estate tratte dalle Lettere dalla Turchia di Don Andrea:
[1.] Roma, fine maggio 2000
Carissimi,
come sapete lascio la parrocchia l’11 giugno e parto per il Medio Oriente, esattamente per la Turchia, nella zona di Urfa-Charran (nel sud-est). Mi trasferirò sul posto l’11 settembre dopo i quattro pellegrinaggi che accompagnerò durante l’estate.
Anzitutto ringrazio Dio per questi sei anni che mi ha concesso di passare con voi: molto ho ricevuto, molto ho maturato. Ho sentito la grazia dei 67 anni della parrocchia riversarsi su di me. E mi è stato concesso di aggiungere, per volontà di Dio, qualche goccia di grazia che va ad accrescere il patrimonio passato. Sento il bisogno di chiedere perdono per tutte le mie inadempienze, per tutti i miei limiti e le mie fragilità. Soprattutto a chi si fosse sentito particolarmente ferito e offeso. Se qualcosa ho da perdonare è già stato fatto. Poi sento il bisogno di dire grazie: ai miei confratelli sacerdoti con cui ho pregato, gioito, sofferto e lavorato; ai malati, ai bambini, ai poveri che mi hanno mostrato la piccolezza e la potenza di Gesù; ai giovani che mi hanno permesso di cogliere con loro il soffio rinnovatore dello Spirito; agli adulti che mi hanno concesso la loro amicizia e il loro sostegno; agli anziani che mi hanno fatto poggiare sulle loro spalle antiche. Ringrazio quanti hanno collaborato in parrocchia a tenere accesa e trasmettere la lampada della fede, a far crescere la comunità, ad accendere il fuoco di Gesù nel quartiere: chi con il carisma della parola, chi con quello della preghiera, chi con l’azione visibile, chi con i silenzi, chi con il carisma della liturgia, chi con quello della carità operosa, chi con le lacrime e la potenza redentrice della sofferenza, chi con i servizi più umili e nascosti. Ringrazio quanti non ho conosciuto perché mi hanno concesso di vivere accanto a loro e di amarli anche se a distanza. Sempre ho pregato per loro e sempre li ho pensati a me vicini, soprattutto la sera quando guardavo le finestre illuminate delle case e a messa quando, alzando il calice del sangue di Cristo dicevo: «questo è il calice del mio sangue, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati». In quel “tutti” comprendevo proprio tutti, nessuno escluso. Nel mio cuore, andando via, porterò ogni persona conosciuta e non conosciuta della parrocchia: sono le pecorelle, i figli, i “pesciolini” affidati alla mia pesca e destinati alla rete del Regno di Dio. Vanno ad aggiungersi a quelli delle mie precedenti parrocchie. Sempre pregherò per quelli che il Signore mi ha affidato un tempo, perché “ripescati” senza fine dagli abissi del peccato, della tristezza e della morte possiate giungere alla riva dell’eternità e ritrovarci lì tutti insieme. Nella messa di ogni giorno sarete sempre presenti: su tutti scenderà lo Spirito Santo che invocherò e la benedizione di Dio che farò piovere dal cielo. Come dice la Bibbia: porto i vostri nomi scritti sul palmo della mia mano e i vostri volti sono sempre davanti a me.
Perché vado in Turchia?
Da ragazzo il Signore mi ha concesso il desiderio di portare gli uomini a lui e di mettermi a loro servizio. Mi ha concesso di farlo in mille modi, servendosi della mia totale povertà e nonostante i miei ripetuti tradimenti. Dopo dieci anni di sacerdozio mi ha portato in Medio Oriente per un periodo di sei mesi, per un desiderio impellente che sentivo di silenzio, di preghiera, di contatto con la parola di Dio nei luoghi dove Gesù era passato. Lì ho ritrovato la freschezza della fede e la chiarezza del mio sacerdozio. Ci sono tornato di nuovo, per cinque mesi, prima di venire a fare il parroco a Villa Fiorelli. Per la seconda volta il Signore mi ha fatto toccare con mano la ricchezza di quella terra da cui, come madre, è nata la nostra fede, ma anche le sue sofferenze, i suoi bisogni, le sue grida di soccorso. Così ho dato al vescovo la mia disponibilità a partire per accendere una piccola fiammella proprio lì dove era divampato il fuoco del cristianesimo. Quel fuoco non si è mai spento, ma è passato attraverso sofferenze, persecuzioni, peccati, vicende oscure e complesse che lo hanno disperso e ridotto sotto la cenere. Quel fuoco è ancora in grado di illuminarci perché contiene la scintilla originaria che lo ha generato. Quel fuoco ha bisogno di un po’ di legna per tornare a brillare e divampare di nuovo. Andando io vorrei (se Dio lo vorrà), attingere e consegnare anche a voi un po’ di quella luce antica e darle nello stesso tempo un po’ di ossigeno perché brilli di più. Sento questo invio, che affronto a nome della chiesa di Roma, come uno scambio: noi abbiamo bisogno di quella radice originaria della fede se non vogliamo morire di benessere, di materialismo, di un progresso vuoto e illusorio; loro hanno bisogno di noi e di questa nostra chiesa di Roma per ritrovare slancio, coraggio, rinnovamento, apertura universale. Ho pensato a un’Associazione chiamata “Finestra per il Medio Oriente”, per favorire questo scambio di doni spirituali. Vado in umiltà e timore, ma vado con gioia e piena disponibilità. Vado in preghiera affidando tutto alla Provvidenza e alla volontà di Dio. Il regno di Dio viene nella piccolezza e nel nascondi mento. Il seme, come diceva Gesù, cresce solo se scompare e muore sotto terra. Tante altre cose avrei da dirvi. Le affido alla preghiera e ad altre occasioni. Conto sulla vostra preghiera e su una comunione che potrà continuare anche se in modi diversi. Conto soprattutto su un fatto: che voi continuiate un vero cammino di fede per essere cristiani veri, una chiesa vera, delle famiglie vere, delle comunità cristiane vere. Ho bisogno di avere alle spalle la saldezza e la testimonianza della vostra fede, un fuoco che riscaldi e illumini fin lassù la gente da cui andrò. Ho bisogno della vostra umiltà e del vostro desiderio di voler crescere secondo lo spirito di quel Gesù che lì si è fatto carne, secondo quello stampo originario che lì ha preso forma nelle prime comunità cristiane e che io cercherò di ricordarvi continuamente. Vi metto a disposizione fin da ora dei pellegrinaggi che continuerò a fare in quella Terra santa dei profeti, di Gesù, degli apostoli, di Maria. Vi metto a disposizione quello che potrò raccontarvi tornando e rileggendo con voi la parola di Dio nata in quelle terre. Vi chiedo di tenere aperto il vostro cuore alle molteplici realtà di quella terra:
– il popolo dl Abramo (gli ebrei) da cui abbiamo ricevuto Gesù e a cui siamo stati innestati per la fede;
– le tante chiese cristiane che lì sono nate, così ricche, così diverse, ma a volte anche così divise;
– le tante esperienze di fede che vi si vivono, piccole, a volte deboli e vacillanti, a volte così vive;
– il mondo musulmano, con le sue luci, le sue ombre, i suoi aneliti, le sue ricchezze spirituali, i suoi problemi.
Nel prossimo numero di giugno del giornalino, conto di raccontarvi qualcosa in più del Medio Oriente e della Turchia in particolare perché ne abbiate un’idea più chiara e più ampia.
Per ora vi saluto e prego per voi, certo di contare anche sulla vostra preghiera
don Andrea
[SANTORO Andrea, Lettere dalla Turchia, Città Nuova, Roma 2006, 13]