9 ottobre, festa di sant’Abramo
Ricordiamo Abramo padre di tutti i credenti nel Dio unico con una lettera di don Andrea del 2003. La storia di Abramo è narrata nel libro della Genesi ed è ripresa nel Corano, secondo la Genesi (Gen. 17,5) il suo nome originale era Abram אַבְרָם [ʔaβ.ˈraːm], poi cambiato da Dio in Abraham; l’intera sūra 14 del Corano è intitolata ad Abramo, nella sūra al-Ṣāffāt, (Qur.37,100-107) si racconta del Sacrificio del figlio di Abramo identificato con Ismaele anziché Isacco. In ricordo di questo evento nel “Mese del Pellegrinaggio” si svolge la “Festa del Sacrificio”, una delle principali feste islamiche, nota in Turchia come Kurban Bayramı. I temi della Fede, del Sacrificio, del Cammino nella Terra di Oriente tipici della storia di Abramo, sono ben presenti nella lettera di don Andrea Santoro che chiede altri “operai”, per quella terra che tanto amava, non per sé, ma per il Regno di Dio.
«Trabzon sul Mar Nero (Turchia) 7 ottobre 2003 – […alla Superiora del] monastero dei Santi Quattro Coronati
Rev.da madre,
le invio in allegato una mia lettera. L’affido a Maria, oggi festa della vergine del rosario, e allo Spirito Santo. Con i miei saluti a lei e alla comunità e la benedizione che nasce da questa terra.
Reverenda Madre,
sono don Andrea Santoro, il sacerdote “Fidei donum” della diocesi di Roma in Turchia, si ricorda?
Anzitutto vi ringrazio della vostra preghiera sulla quale continuo a contare. Sapere che nel cuore di alcune sorelle c’è una finestrella aperta sul Medio Oriente è una consolazione e un motivo di forza. Vi ringrazio anche perché di tanto in tanto, nei miei rientri, mi concedete di celebrare con voi.
Ora, reverenda madre, le scrivo per chiederle di nuovo qualcosa di cui già vi parlai a voce: chissà se S. Agostino volesse una presenza di preghiera e di testimonianza di alcune sue figlie qui in Medio Oriente in terra di Turchia? Anche nella sua Tagaste, come in Turchia, il cristianesimo ha patito tante prove, ha attraversato tribolazioni, ha sperimentato la fragilità e le conseguenze del peccato. Lì come qui in Turchia il Signore, credo, vuole riaccendere delle fiammelle e porre dei semi di chiesa, per una testimonianza chiara e un dialogo fiducioso. Tra le cose che colpiscono e aprono il cuore dell’islam ce ne sono due in particolare: la preghiera e la presenza delle donne totalmente votate al Signore. La preghiera dice loro chiaramente chi è la persona che [si] ha di fronte, e una donna consacrata al Signore richiama loro la Vergine Maria che, come fermamente crede l’Islam, “non conobbe uomo”.
Preghiera e castità rimandano a un Mistero alto e a questo mistero l’Islam è particolarmente sensibile. Certo per noi sia la preghiera che la castità sono vissute nel Verbo Incarnato, cioè in un mistero di amore, di vicinanza e di intimità estrema [di Dio con l’umanità] che l’Islam normale non conosce. Ma proprio questo rimanda più oltre, a un Mistero ancora più grande da annunciare.
La vita comunitaria poi che non scaturisce dalla carne ma dallo Spirito Santo e dal sangue di Gesù rimanda a legami che superano tutto, perfino quello della estraneità, dell’inimicizia e dei torti subiti. Sono granelli di sale di cui questa terra ha bisogno, riallacciandosi a un’antica e gloriosa storia di monachesimo e di santità. Ma sono anche granelli di sale di cui il nostro occidente ha bisogno e che proprio in questa “terra santa della chiesa” possono essere di nuovo ritrovati, ripescati ed essere riseminati da noi con ancora più forza.
Qui a Trabzon sul Mar Nero c’è una chiesa, un monastero annesso in restauro, un giardino, una casa nuova a lato di esso, una cappella feriale. La casa nuova è stata pensata proprio per una comunità, quella che il Signore vorrà mandare: ci sono 6 camere da letto, un saloncino, una sala più piccola e la zona cucina-sala da pranzo-salone.
Di cosa c’è bisogno? Di una presenza, come le dicevo più sopra, una presenza semplice, umile, chiara, da cui scaturisce una testimonianza altrettanto chiara. Quando, un’ora al giorno, apro la chiesa per le visite, la gente viene, guarda, domanda… Quando prego (ogni giorno alle 16 a porte aperte) chi viene ascolta, osserva… C’è bisogno dell’ospitalità della preghiera e del cuore, che porta a ospitare le pene delle anime, la loro ricerca di luce, il gemito interiore, gli interrogativi pressanti.
Naturalmente è un mondo assai diverso: per lingua, cultura, mentalità, religione…tutte cose da imparare. Ma fa parte del mondo che Dio ama e per il quale ha mandato suo Figlio. Chi ama è disposto a imparare. “Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore produce molto frutto…”.
Io vado cercando chicchi di grano disposti a morire per vivere e far vivere. Per questo busso alla vostra porta. Per questo ho pensato di scriverle.
Sta al Signore chiamare. A noi rispondere. A voi e allo Spirito Santo discernere. Io prego perché si compia la volontà di Dio e perché si apra una qualche strada.
So delle tante difficoltà: il numero esiguo delle sorelle, la distanza, la povertà dei mezzi… Ma “tutto ciò che vuole il Signore lo compie, in cielo e in terra”. Se i disegni sono suoi, lui li rende possibili.
Mi raccomando ancora alle vostre preghiere e vi assicuro le mie.
Vi chiedo scusa della mia audacia ma lo faccio nel nome del Signore, alla ricerca io stesso dei suoi piani e di qualche goccia per questa terra riarsa. Se crede opportuno madre, possiamo riparlarne di persona al mio rientro a Roma il 6 dicembre (mi fermerò otto giorni).
Con affetto fraterno nel Signore e con la benedizione di Dio».
Don Andrea Santoro – prete Fidei Donum della diocesi di Roma in Turchia
[ADAS 12B/5 (inedito)].